MORFEMA N.13: SPACE INVADERS O POLIMORFISMO.

Le possibilità formali della costruzione sono infinite. 
The formal possibilities of construction are endless. 

MORFEMA N.12: CASTELLI / CASTLES.

Ogni costruzione è un piccolo regno.
Each building is a small kingdom. 

MORFEMA N.11: SOTTO COPERTURA / UNDER COVER.

La copertura è il fine ideale di ogni costruzione.
Roof is the ultimate end of any building.

MORFEMA N.10: ORGANI A VISTA / EXPOSED MEMBERS.

I servizi e i sistemi dell’edificio sono spesso esterni.
Home devices and facilities are often external to building. 



MORFEMA N.9: ESTERNO PRIVATO / DE-PRIVATE OUTDOOR.

Il balcone è un assoluto.
Balcony is an absolute.
 

MORFEMA N.8: LIVE IN GARAGE.

Sovente la rimessa è il nucleo centrale dell’edificio.
Garage is often the core of the building. 

MORFEMA N.7: APERTURE & CHIUSURE /OPENINGS & CLOSINGS.

La comunicazione fra gli spazi é soggetta a ripensamenti.
Communications between the spaces are subject to reconsideration.


MORFEMA N.6: MURALISMO / MURALISM.

Il decoro si attiene alle abitudini costruttive.
Decorum abides by habits of building.

MORFEMA N.5: DA QUI ALL'ESTERNITA' / FROM HERE TO EXTERNITY.

Visivamente i piani temporali coesistono.
Visually, temporal levels coexist.

MORFEMA N.4: PENSIERO LATERALE / LATERAL THINKING.

La visione preponderante dell'edificio è data dai prospetti laterali
The building's main vision is given by side elevations.
 
 

MORFEMA N.3: MASSIMO VOLUME / MAXIMUM VOLUME.

Il volume della costruzione non corrisponde allo spazio d’uso.
The building's volume doesn't match the use of space.
 

MORFEMA N.2: UN ALTRO PIANO E' SEMPRE POSSIBILE / ANOTHER FLAT IS EVEN POSSIBLE.

Il fondamento della costruzione è la possibilità di sviluppo.
The foundation of building is the chance of growth.

MORFEMA N.1: L'INFINITO / THE INFINITY.

La Terza Architettura si sviluppa similmente alla vegetazione spontanea.
The 3rd architecture is growing likewise natural vegetation.
 

0) INTRO: IN PRINCIPIO ERA IL BLOCCHETTO / AT THE BEGINNING WAS THE BRICK.



(english text below)



Il progetto ABBITATTSTAIL nasce dall'esigenza di fornire una lettura formale del linguaggio costruttivo di ciò che noi definiamo la “Terza Architettura”, ovvero il paesaggio urbano realizzato non dallo Stato, non dai grandi costruttori, ma dai privati cittadini a fine abitativo, spesso coincidente nell'opinione comune con le categorie di abusivismo, periferie, degrado, etc. Eppure, per complessità e diffusione del fenomeno sembra essere riduttivo riportare la visione dello stesso soltanto secondo tali parametri che rendono invisibile il ricco linguaggio che invece sottende. Infatti l'opera di una collettività, in un contesto storico e culturale definito, come non può non essere considerato linguaggio?

A partire dal secondo dopo guerra è proliferato un nuovo metodo di costruzione basato sul cemento armato, l’utilizzo di blocchetti di calcare e successivamente dei forati. Tale metodo costruttivo, in sintonia con il nuovo corso economico-industriale italiano, ha dato vita al moderno paesaggio urbano. I nuovi edifici o si innestarono nel centro storico o andarono a creare le attuali periferie delle città senza seguire, come già era avvenuto anche in passato, delle regolamentazioni urbanistiche. L’espansione e la speculazione economica, che spesso ha avuto nel settore immobiliare uno dei maggiori capisaldi, ha fatto si che la maggior parte del paesaggio urbano attuale fosse stato realizzato attraverso queste pratiche. Se molte delle nuove strutture abitative (vedi la fortunata formula del condominio) vennero realizzate dai grandi costruttori, in maniera a volte altrettanto non proprio regolamentata, nacquero anche degli edifici destinati ad uso familiare che non si basavano su un progetto vero e proprio[1], ma sulle necessità. Comprato un appezzamento di terreno o su un terreno del demanio pubblico si andava a realizzare velocemente[2] uno scheletro in cemento armato di due, tre anche quattro piani che nel corso degli anni veniva completato in base all’esigenza o alle possibilità economiche, destinando nel tempo i diversi piani ai figli. Per svariati decenni la struttura-scheletro in cemento armato poteva restare a vista, come le pareti in blocchetti e/o forati, e la rifinitura finale delle superfici esterne non era implicita. L’instabilità formale contraddistingue questi edifici, infatti stilisticamente sono di difficile categorizzazione[3]. Talvolta, la presenza stessa del tipo di struttura materiale utilizzata serviva a legittimare tramite condono l’abitazione precaria, spesso una baracca, come edificio[4]. Una complessa fusione tra necessità, precarietà e la volontà di realizzare un edificio per sé e la propria famiglia andava anche al di là degli interessi comuni[5]. L’istituto del condono[6] ha regolamentato tale pratica che ha dato vita ormai a una parte non indifferente del paesaggio urbano attuale: selvaggio a volte brutale, divoratore di territorio, ma presente. Invece il centro storico nella sua attuale forma di “salotto buono” si accaparra la visione urbana determinando una cecità nei confronti del reale, come se tra l’ingresso della città e il centro non vi fosse assolutamente nulla, un buco nero architettonico. In realtà la città è la periferia: ciò che si esclude rappresenta la quotidianità del vivere, il paesaggio e l’ambiente urbano per la maggior parte delle persone.




[1] Al costruttore e all’architetto in questo caso si sostituisce la figura del capomastro (mai scomparsa).
[2] In alcuni casi la struttura era realizzata in una notte purché garantisse un tetto secondo le leggi vigenti.
[3] L’estetica è determinata dal processo costruttivo.
[4] Vedi nota 2.
[5] Vedi Familismo amorale.
[6] Da non dimenticare che anche per le ragioni sopra riportate queste aree sono dei grandi bacini di voto, il blocchetto è anche politico un blocchetto di voti.... 




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The ABBITATTSTAIL project is an attempt to explain the "Third Architecture", that is the typical urban landscape of south-italian DIY suburbs, often looked upon as just decay. For complexity and spread of this phenomenon, this outlook seems too reductive because it doesn't allow to be aware of the rich terms that compound it.

Since the 2nd post-war period, with the reconstruction, a new building method based on mass-produced material, became very popular. This method characterized the renewed urban landscape, where new buidings were inserted in downtons or untidily, without any regulations, set up the current outskirts. The economic growth and the building speculation made this way usual either for big contractors or private citizens and their own DIY houses. These ones were quickly erected out of necessity and keept unfinished for decades according to economic possibilities. For these reasons, these buildings are characterized by a strong formal instability. A complex fusion between necessities and precariousness that has often gone too far the common good. Only recently these practices were regulated but in the meantime have given life to a big share of the present urban landscape: land-devourer, sometimes rough, but lively present even if invisible to whom that only notices the iconographical downtowns of whole our cities. Actually cities are these suburbs which represent the landscape, the environment and the daily background for most dwellers. Can we ignore it?